A quanto pare, solo quando diventano inevitabili, per qualche emergenza, degli spurghi Milano si ricorda di avere una vasta, e complessa, rete di fognatura, che funziona incessantemente in ogni stagione e con ogni tempo (e per fortuna, altrimenti sarebbero davvero guai). Eppure il benessere dei suoi cittadini, e il loro stato di salute, sono criteri sensati per valutare la grandezza di una città quanto la bellezza dei suoi edifici e la grandezza dei suoi monumenti: e indubbiamente, il sistema fognario di Milano ha un grande ruolo nel garantirli. Ma nei secoli non sempre è stato così, e anzi le cose sono andate molto peggio: ripercorriamo un po’ la storia di questa interessante parte delle infrastrutture cittadine.
1) L’epoca Romana
Mediolanum, come si chiamava all’epoca, era una città di probabili origini celtiche, che plausibilmente, per la sua posizione ottimale, doveva risultare molto promettente agli antichi Romani – tant’è che la conquistarono in modo definitivo nel 200 AC. Rapidamente iniziarono ad apportare alla nuova conquista quelle opere di ingegneria idraulica e bonifica del territorio che avevano apportato già quattrocento anni prima intorno a Roma: e costituirono una efficace rete fognaria, basata su piccoli canali di scolo nelle vie della città, nei quali si incanalavano le acque per poi fluire fino ad un unico grande collettore che le raccoglieva e le portava fuori dalle mura. A Roma, questa era la Cloaca Maxima, e sfociava nel Tevere; a Mediolanum la destinazione era con buona probabilità, a valutare dalle ricostruzioni idrografiche svolte all’inizio del ‘900, il Lambro Meridionale, o come veniva chiamato “Lambro Merdario”. Alla caduta dell’Impero Romano, come successe un po’ dovunque, anche questi impianti e opere vennero lasciati andare in rovina e decaddero completamente.
2) Il Medioevo e il Rinascimento
Fu solo a cavallo fra il Medioevo e il Rinascimento che si manifestò con energia un nuovo fervore nella costruzione di canali fognari; sfortunatamente va però rilevato che a tanto fervore non corrispondeva altrettanta perizia. Le fognature venivano costruite in maniera per nulla organica, rispondendo alle esigenze di singole strade, senza alcuna direzione generale, per poi andare a sfociare nei canali un tempo scavati a difesa della città, come il Seveso. Va inoltre detto che tali fognature avevano lo scopo di convogliare la sola acqua naturale, come quella piovana: per le deiezioni e le acque nere vigeva la regola dell’accumulo nei pozzi neri, vicino alle case, per poi effettuarne lo svuotamento periodico e lo smaltimento in campagna. Le leggi purtroppo non svolgevano un buon lavoro di difesa della salute dei cittadini e dell’igiene, se pensiamo che vennero lasciate pressochè identiche, malgrado l’evidente moltiplicarsi delle esigenze della città, dal 1300 al 1700. Le raccomandazioni si limitavano al divieto di vuotare e trasportare il contenuto dei pozzi neri nei mesi estivi; i Navazzari che conducevano la navi-botte che si occupavano di tale compito portavano poi i liquami all’esterno, nelle campagne, dove era recuperato per essere utilizzato come concime.
3) l’Ottocento
Il 1807 vide ingiungere, in due diversi decreti del Regio Governo Italico, una necessaria riforma generale delle strade, e quindi dei tombini e delle fogne, della città di Milano. Purtroppo, a tali canali, che erano stati ideati per il solo drenaggio degli scoli stradali, si aggiunse il flusso delle acque nere delle case; e questo fece sì che venissero abbandonati, anche ove funzionanti, i vecchi canali, portando a un sovraccarico di quelli nuovi che erano ispezionabili unicamente rompendo il manto stradale, e avevano la pessima abitudine ad ostruirsi, causando allagamenti.
Nonostante questo mancato miglioramento della situazione, le cose non cambiarono ancora per molto tempo. Milano, di fatto, nei primi dell’ottocento non era ancora una città grandissima, e il grosso dei suoi flussi fognari riusciva, anche se a malapena e con stento, ad incanalarsi nel Seveso e nel Naviglio, per poi finire nelle marcite originariamente costruite dai Benedettini a sud della città; per le zone fra il Naviglio interno e i Bastioni, principalmente fatte di orti e giardini, i flussi delle poche abitazioni erano convogliati nei canali irrigui. Quindi, pur essendo mal risolto, il problema non si presentava come urgente, e rimase inaffrontato in maniera organica per molto tempo.